2007

2007

  • Corriere di Rimini: "Amintore Galli torna a casa" [16.10.2007]
  • Corriere di Rimini: Azionariato popolare per il Galli [30.4.2007]
  • Corriere di Rimini: Rimini città d'arte, le parcelle di Natalini [2.6.2007]
  • Il Resto del Carlino, Attilio Giovagnoli: Centocinquant'anni fa Verdi a Rimini per inaugurare il nuovo teatro Galli [14.8.2007]
  • Il Resto del Carlino, Attilio Giovagnoli: Centocinquant'anni fa Verdi a Rimini per inaugurare il nuovo teatro Galli [14.8.2007]

    Centocinquant’anni fa, il 16 agosto del 1857 Giuseppe Verdi con la sua nuova opera Aroldo, inaugurò il Teatro Nuovo di Rimini, dal 1859 dedicato a Vittorio Emanuele II, e dopo le bombe della guerra, nel 1949, intitolato al musicista Amintore Galli. L’apertura del teatro costituisce sicuramente l’avvenimento più importante nella storia musicale di Rimini. La stagione inaugurale, che si voleva memorabile, era stata preparata con cura. L’11 febbraio 1857, Luciano Marzi, l’impresario, annunciava con soddisfazione al gonfaloniere Giovan Francesco Guerrieri di aver impegnato per l’inaugurazione Giuseppe Verdi: “Il celebre Maestro potrà essere con noi a Rimini sui primi d’agosto, per porre in scena il suo Stiffelio espressamente rifuso”. Stiffelio era andato in scena al Teatro Grande di Trieste nel 1850, l’opera aveva come protagonista un pastore protestante, che propone il divorzio alla moglie adultera e nel finale la perdona evangelicamente. Le forti difficoltà con la censura -si trattava di divorzio- si riproponevano regolarmente ad ogni rappresentazione. La convinzione di aver scritto un’opera di valore e l’occasione dell’inaugurazione del teatro di Rimini indussero Verdi a trasformare Stiffelio nella nuova opera Aroldo. Utilizzando un nuovo libretto di Piave, la vicenda fu portata nella Scozia del 1200, e il compositore musicò un nuovo intero atto. Mentre fervevano gli ultimi lavori per arredare la sala del teatro, il 12 marzo 1857 all’albergo Europa di Venezia (nel giorno della prima alla Fenice di Simon Boccanegra) alla presenza dei rappresentanti della deputazione del teatro di Rimini, Giuseppe Verdi firmò il contratto per Aroldo. Con il musicista sottoscrisse l’accordo il poeta Francesco Maria Piave, il librettista, al quale fu affidata, si direbbe oggi, la regia dello spettacolo. Il compositore s’impegnava a trovarsi in Rimini alla metà di luglio per assistere personalmente alle prove della nuova opera. Verdi ebbe un compenso di 250 napoleoni d’oro (1.000 scudi), Piave di 500 lire austriache. A condizione della sua venuta Verdi richiese espressamente celebri cantanti: il soprano Marcellina Lotti Della Santa, “che ora canta all’I.R. Teatro di Corte a Pietroburgo e che sarà in primavera all’I.R. Teatro di Corte di Vienna”, il tenore fiorentino Emilio Pancani e il baritono parmigiano Gaetano Ferri. Completavano il cast il soprano Giuseppina Medori, il mezzosoprano Placida Corvetti, il basso Giovan Battista Cornago, più il coro (38 coristi), il corpo di ballo (del Teatro La Fenice di Venezia) con i primi ballerini Giovannina Pitteri e Virgilio Calori e 39 ballerini, almeno sessanta comparse e diciotto bandisti. “L’orchestra sarà composta di 53 professori di cui le prime parti saranno forestieri compreso l’arpa”. Oltre ad Aroldo la stagione lirica e di ballo del luglio – agosto 1857 comprendeva altre due opere Il Trovatore di Verdi e Lucrezia Borgia (sotto il titolo di Eustorgia da Romano per ragioni di censura) di Donizetti e “due grandiosi balli”: 1812. Carlo il guastatore e Il Trionfo dell’innocenza entrambi del coreografo Carlo Rota. Sul podio direttoriale il maestro Angelo Mariani, allora molto amico di Giuseppe Verdi. Secondo il contratto furono le prime donne a scegliere i titoli delle altre due opere. La Lotti scelse Il Trovatore, la Medori Lucrezia Borgia. La prima de Il Trovatore era andata in scena l’11 luglio, come un’anteprima dell’inagurazione. Il giorno dopo ecco la recensione de Gazzetta Musicale di Milano (12 luglio 1857). "L'apertura di questo nostro nuovo Teatro Comunale ebbe luogo ieri a sera con grande affluenza di popolo che molto aspettava di vedere e di sentire, e che moltissimo ha goduto e moltissimo ha ottenuto per la sua aspettativa. Tutto l'interno della magnifica fabbrica, opera del chiaro ingegnere architetto comm. Luigi Poletti, è riuscito d'un sorprendente effetto. Gli atrii, le scale, la sala hanno un carattere così ricco di belle forme, così vario ed ameno per fregi, per indorature e per dipinti che non può descriversi e darsene un'adeguata idea in poche parole. (…) Noi in questa Stagione non abbiamo nulla da invidiare a Milano, a Napoli, a Genova e a quanti altri teatri italiani e stranieri vantano esecutori stupendi di musiche melodrammatiche". [in G.Polazzi, A.Parisini, M.C.Mazzi, Rimini e il suo Teatro Massimo, Rotary Rimini Riviera, 2003, pag 76.] Giuseppe Verdi, con la sua donna Giuseppina Strepponi, arrivò a Rimini il 23 luglio e prese alloggio all’Albergo della Posta poi Aquila d’Oro. “Faceva vita quasi solitaria; al mattino per tempo, prima di mettersi al lavoro, andava al mare trattenedovisi a lungo, specialmente s’era in burrasca.” Giuseppe Pecci riporta gli incontri giornalieri del maestro col librettista Francesco Maria Piave con la contessa Maria Belmonti Cima madre dei conti Alessandro e Ruggero Baldini, i padroni dello Stabilimento Marino. “E venne la sera del 16 agosto, prima dell’Aroldo. Rimini rigurgitava di forestieri, immensa era l’aspettativa. Ritratti di Verdi erano appesi alle vetrine de’ negozi, ai muri, alle finestre, dovunque; epigrafi di occasione magnificavano il Genio italiano; sulle cantonate a lettere staccate, si leggeva W.V.E.R.D.I. per opera del Comitato Nazionale.” [col significato patriottico: W. Vittorio Emanuele Re D’Italia] [Girolamo Bottoni, Giuseppe Verdi a Rimini. Luglio agosto 1857, Rimini, 1913] Il successo fu trionfale. Il maestro Verdi fu chiamato alla ribalta ventisette volte. Angelo Mariani scrisse: “Torno dal Teatro, anzi dalla casa di Verdi, ove ho lasciato una quantità di popolo con banda musicale, torce e cera, evviva ed ovazioni le più frenetiche. L’Aroldo ha fatto furore.”

    Attilio Giovagnoli

    [Attilio Giovagnoli, Il Resto del Carlino, 14 agosto 2007]

  • Il Resto del Carlino: "Ma quanto ci è costato non fare il teatro..." [30.3.2007]
  • Il Resto del Carlino: "Non barattiamo la storia con un'anonima sala moderna" [2.11.2007]
  • Il Resto del Carlino: Dopo la domus il teatro [9.12.2007]
  • Il Resto del Carlino: Pivato a Roma per il Teatro [18.5.2007]
  • Il Resto del Carlino: Sondaggi al fossato della Rocca [6.4.2007]
  • L'Arengo, Pier Luigi Cervellati: "Il restauro del teatro progettato da Poletti" [5.5.2007]
  • L'Arengo, Pier Luigi Cervellati: "Il restauro del teatro progettato da Poletti" 1 [5.5.2007]

    “Il RESTAURO DEL TEATRO PROGETTATO DA POLETTI E’ IL SEGNO DELLA NOSTRA MODERNITA"

    Di Pier Luigi Cervellati

    L’intervento di restauro del teatro di Rimini costruito su progetto di Luigi Poletti pone una questione architettonica e ‘filosofica’ per così dire classica: procedere con un ripristino filologico oppure con una ricostruzione libera dai vincoli progettuali originari? La scelta del Ministero per i Beni Culturali, che nel 2004 ha commissionato la redazione del progetto esecutivo, si è chiaramente orientata verso la prima soluzione. Per motivi a mio avviso giusti e condivisi. E’ prassi a ogni latitudine che il ripristino sia criticato dagli architetti che si reputano “moderni” (“o post moderni”) perché – questa l’accusa – produce “falso storico”. Si afferma: “Ogni epoca ha lasciato la sua impronta, anche la nostra ha il diritto e il dovere di manifestarsi”. Ciò è comprensibile e senz’altro condivisibile. Da almeno 50 anni si cerca di far capire che il restauro (o restituzione, o ripristino) della città storica e delle sue componenti, è il nostro segno. E’ la sola impronta che possa esprimere la nostra modernità. Ci sono leggi nazionali e leggi regionali che impongono la tutela, il restauro e la manutenzione dell’architettura storica.

    Al di là delle leggi, il teatro di Luigi Poletti è un capolavoro dell’architettura teatrale dell’800 e dunque per questo non sostituibile. L’architettura moderna, o post moderna, dovrebbe manifestarsi in periferia per caratterizzare la città contemporanea. Purtroppo, nelle periferie italiane, l’architettura moderna ha lasciato poche tracce. Nella città storica ha spesso compiuto disastri. Non solo. Se ogni epoca ha il diritto e dovere di manifestare la propria cultura, perché distruggere (con una pseudo tipologia ottocentesca) il teatro d’opera polettiano che corrisponde perfettamente alla cultura del suo tempo ed è funzionale al nostro?

    La cultura moderna ha elaborato altri modelli tipologici più consoni alla attuale dimensione urbana. Rimini sta discutendo la necessità di costruire un auditorium. Ed è nell’auditorium che si potrà e dovrà manifestare eventualmente l’architettura moderna. Rimini però continuerà ad avere bisogno di un teatro all’italiana per rappresentare non solo la lirica o la commedia, ma addirittura se stessa. La sua storia, le sue radici, la propria identità culturale.

    Il Tempio Malatestiano è stato ricostruito com’era e dov’era. Riuscite a immaginarlo cosa sarebbe oggi se lo avessero ricostruito secondo i canoni dell’architettura moderna? Chi ignaro della distruzione bellica lo visita, è consapevole di essere di fronte ad un capolavoro del Rinascimento. Il Tempio Malatestiano è famoso nella storia dell’architettura anche per l’intervento di restauro. La Fenice di Venezia è stata ricostruita quasi uguale a prima. Fra qualche anno nessuno ricorderà l’ultimo incendio. Del resto non si capisce perché si dovrebbe restaurare la parte ancora esistente (per altro vincolata) del Teatro di Rimini e fare una nuova e “moderna” architettura per quel 40-45% circa che manca. Le fondazioni ci sono, come gran parte delle murature esterne (anch’esse vincolate). Il bombardamento ha distrutto solo una zona della copertura e del palcoscenico.

    Elio Garzillo, che ha progettato il ripristino per conto del Ministero per i Beni Culturali, ha spiegato che non c’è altra soluzione al di fuori del ripristino filologico. Esistono progetti e varianti a firma Poletti. Esiste una sterminata documentazione grafica e fotografica, nonché rilievi e studi: per la prima elettrificazione, per la messa in sicurezza negli anni ’20 del Novecento, per il rinnovo della tappezzeria e di parte dell’arredo.

    La soluzione progettuale è tesa a restituire un monumento che esiste. Non solo nella memoria diretta o indiretta di molti riminesi. Esiste nei fatti. Non sarà un falso storico – nonostante talvolta siano meglio dei falsi moderni – bensì la restituzione autentica di un’opera d’arte. Il metodo del ripristino filologico è semplice quanto trasparente. E costa meno del nuovo. Semplice nel riprodurre disegno, forme e strutture progettate dal Poletti o successivamente, fino al bombardamento. Trasparente nell’indicare le innovazioni e gli aggiustamenti che si sarebbero dovuti fare anche se il teatro non fosse stato danneggiato. L’impianto di condizionamento, ad esempio, nascosto sotto il tavolato della platea, renderà gradevole anche nella calura estiva assistere ad un’ opera lirica in un luogo teatrale che non ha equivalenti al mondo.

    Pier Luigi Cervellati (architetto coordinatore del progetto del ripristino filologico). [

    L’Arengo (Rimini), maggio 2007, pag.4)].

  • L'Arengo, Pier Luigi Cervellati: "Il restauro del teatro progettato da Poletti" 2 [5.5.2007]

    “Il RESTAURO DEL TEATRO PROGETTATO DA POLETTI E’ IL SEGNO DELLA NOSTRA MODERNITA’ ”

    Di Pier Luigi Cervellati

    L’intervento di restauro del teatro di Rimini costruito su progetto di Luigi Poletti pone una questione architettonica e ‘filosofica’ per così dire classica: procedere con un ripristino filologico oppure con una ricostruzione libera dai vincoli progettuali originari? La scelta del Ministero per i Beni Culturali, che nel 2004 ha commissionato la redazione del progetto esecutivo, si è chiaramente orientata verso la prima soluzione. Per motivi a mio avviso giusti e condivisi. E’ prassi a ogni latitudine che il ripristino sia criticato dagli architetti che si reputano “moderni” (“o post moderni”) perché – questa l’accusa – produce “falso storico”. Si afferma: “Ogni epoca ha lasciato la sua impronta, anche la nostra ha il diritto e il dovere di manifestarsi”. Ciò è comprensibile e senz’altro condivisibile. Da almeno 50 anni si cerca di far capire che il restauro (o restituzione, o ripristino) della città storica e delle sue componenti, è il nostro segno. E’ la sola impronta che possa esprimere la nostra modernità. Ci sono leggi nazionali e leggi regionali che impongono la tutela, il restauro e la manutenzione dell’architettura storica.

    Al di là delle leggi, il teatro di luigi Poletti è un capolavoro dell’architettura teatrale dell’800 e dunque per questo non sostituibile. L’architettura moderna, o post moderna, dovrebbe manifestarsi in periferia per caratterizzare la città contemporanea. Purtroppo, nelle periferie italiane, l’architettura moderna ha lasciato poche tracce. Nella città storica ha spesso compiuto disastri. Non solo. Se ogni epoca ha il diritto e dovere di manifestare la propria cultura, perché distruggere (con una pseudo tipologia ottocentesca) il teatro d’opera polettiano che corrisponde perfettamente alla cultura del suo tempo ed è funzionale al nostro? La cultura moderna ha elaborato altri modelli tipologici più consoni alla attuale dimensione urbana. Rimini sta discutendo la necessità di costruire un auditorium. Ed è nell’auditorium che si potrà e dovrà manifestare eventualmente l’architettura moderna. Rimini però continuerà ad avere bisogno di un teatro all’italiana per rappresentare non solo la lirica o la commedia, ma addirittura se stessa. La sua storia, le sue radici, la propria identità culturale.

    Il Tempio Malatestiano è stato ricostruito com’era e dov’era. Riuscite a immaginarlo cosa sarebbe oggi se lo avessero ricostruito secondo i canoni dell’architettura moderna? Chi ignaro della distruzione bellica lo visita, è consapevole di essere di fronte ad un capolavoro del Rinascimento. Il Tempio Malatestiano è famoso nella storia dell’architettura anche per l’intervento di restauro. La Fenice di Venezia è stata ricostruita quasi uguale a prima. Fra qualche anno nessuno ricorderà l’ultimo incendio. Del resto non si capisce perché si dovrebbe restaurare la parte ancora esistente (per altro vincolata) del Teatro di Rimini e fare una nuova e “moderna” architettura per quel 40-45% circa che manca. Le fondazioni ci sono, come gran parte delle murature esterne (anch’esse vincolate). Il bombardamento ha distrutto solo una zona della copertura e del palcoscenico. Elio Garzillo, che ha progettato il ripristino per conto del Ministero per i Beni Culturali, ha spiegato che non c’è altra soluzione al di fuori del ripristino filologico. Esistono progetti e varianti a firma Poletti. Esiste una sterminata documentazione grafica e fotografica, nonché rilievi e studi: per la prima elettrificazione, per la messa in sicurezza negli anni ’20 del Novecento, per il rinnovo della tappezzeria e di parte dell’arredo.

    La soluzione progettuale è tesa a restituire un monumento che esiste. Non solo nella memoria diretta o indiretta di molti riminesi. Esiste nei fatti. Non sarà un falso storico – nonostante talvolta siano meglio dei falsi moderni – bensì la restituzione autentica di un’opera d’arte. Il metodo del ripristino filologico è semplice quanto trasparente. E costa meno del nuovo. Semplice nel riprodurre disegno, forme e strutture progettate dal Poletti o successivamente, fino al bombardamento. Trasparente nell’indicare le innovazioni e gli aggiustamenti che si sarebbero dovuti fare anche se il teatro non fosse stato danneggiato. L’impianto di condizionamento, ad esempio, nascosto sotto il tavolato della platea, renderà gradevole anche nella calura estiva assistere ad un’ opera lirica in un luogo teatrale che non ha equivalenti al mondo.

    Pier Luigi Cervellati (architetto coordinatore del progetto del ripristino filologico).

    [L’Arengo (Rimini), maggio 2007, pag.4)].

  • L'Arengo, Pier Luigi Cervellati: "Il restauro del teatro progettato da Poletti" 3 [5.5.2007]
  • L'Arengo, Pier Luigi Cervellati: "Il restauro del teatro progettato da Poletti" 4 [5.5.2007]
  • La Voce, Paolo Facciotto, Brunelleschi [24.10.2007]
  • La Voce: "Garzillo a Rimini per inaugurare la domus. Adesso manca solo il teatro" [8.12.2007]
  • La Voce: "Il vescovo Lambiasi, recuperare il Teatro" [11.12.2007]
  • La Voce: "Oltre un miliardo per liquidare Natalini" [30.3.2007]
  • La Voce: "Paghiamo il teatro che non c'è" [30.3.2007]

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