1997


Nasce Rimini città d'arte "Teatro com'era, raccolta di firme" [13.9.1997]

Rimini città d’arte

“Chicchi e i progetti fantasma”

“Paghi il sindaco”. 

Riceviamo e pubblichiamo.

Signor Direttore del “Corriere di Rimini” le scriviamo a nome dell’ “Associazione Rimini Città d’arte” per la ricostruzione filologica del Teatro di Rimini (1843-1857) di Luigi Poletti di imminente costruzione… a proposito della ricostruzione del teatro. Il sindaco chiede ai cittadini di finanziare un progetto di teatro che non esiste. Nel consiglio comunale del 27 agosto 1996 Chicchi ha fatto votare ai consiglieri il primo stralcio di lavori di un progetto “in attesa di approvazione da parte del comitato di settore del Ministero dei beni culturali”.

Per poter far votare a quei dabbenuomini dei consiglieri la prima parte di un progetto inesistente, Chicchi ricorreva alla furbata di presentarla contemporaneamente come semplici lavori di restauro della parte storica superstite del teatro del Poletti. Non risulta ufficialmente che questo terzo o quarto o quinto progetto del teatro sia stato approvato.

Bisogna che i cittadini ricordino tutta la storia di questo teatro fantasma di Chicchi: il concorso di idee del 1985 fu vinto dall’equipe di Adolfo Natalini comprendente alcuni architetti indigeni; il primo progetto esecutivo del disegno vincitore, di grandezza littoria con un’arena posteriore a grandi quinte architettoniche, poiché con rozza insensibilità per i valori della storia e dell’arte di Rimini, violava l’area di protezione e manometteva gravemente Castel Sismondo, venne bocciato dalla Soprintendenza nel 1987 (sulla base del Decreto Ministeriale del 4 marzo 1915).

A questo punto scende in campo il sindaco Chicchi; sposata la causa persa del teatro nataliniano, il primo cittadino tenta di “far saltare” il decreto del 1915, che protegge uno dei quattro monumenti più importanti di Rimini, ricorrendo all’onorevole Napolitano di passaggio. Non gli riuscì di “riminizzare” Napolitano e più tardi nemmeno il ministro Paolucci. Nel frattempo era stato affidato il piano regolatore generale a Leonardo Benevolo, che si espresse pubblicamente contro il progetto di Natalini e indigeni; e si vide il sindaco Chicchi contraddire pubblicamente il “suo” progettista, uno degli architetti e degli storici dell’architettura più famosi d’Europa.

Il versatile gruppo Natalini presentò su sollecitazione di Chicchi un secondo progetto. Questa volta le ali erano state tagliate, ma per compensare l’effetto dello “spaventoso torracchione” scenico, questi architetti “geniali” pensarono di bilanciarlo con un’arena su una struttura di assi e pilastri di cemento che attraversasse il fossato riaperto.

Ancora una volta si violavano sia l’area del castello sia quella archeologica, protetta per l’occasione da un decreto ministeriale del 29 ottobre 1991, e la Soprintendenza bocciò anche il secondo progetto Natalini. Riteniamo che questo secondo progetto debba essere pagato non dai Riminesi, ma dal sindaco e da quanti hanno commissionato un disegno con la stessa impossibilità di realizzazione che aveva fatto bocciare il primo progetto. Chiediamo che la magistratura amministrativa apra un’inchiesta su tutto quest’affare che si avvia a costare alla comunità più di un miliardo di lire.

Da parte sua Chicchi continuava disperatamente a cercare notabili per “far saltare” i decreti che nel frattempo erano diventati tre; il 29 aprile 1992 il Ministero del Beni culturali sanciva la salvaguardia delle strutture superstiti del teatro del Poletti; l’ultimo notabile romano da “riminizzare” sarebbe l’onorevole Veltroni, che però non risulta si sia fatto ancora “riminizzare”. In questo ultimo anno, i responsabili di questo pasticcio del teatro hanno fatto di tutto per nascondere il terzo (o quarto o quinto) progetto di Natalini e indigeni che veniva dato come in corso di revisione a Roma, a Ravenna, e… nel Museo della città, dietro fumosi appelli al cittadini come l’ultimo che avete pubblicato ieri.

Denunciamo all’opinione pubblica il tentativo di costruire surrettiziamente a pezzi un progetto fantasma già tre o più volte scartato: sotto colore di restaurare la parte esistente del teatro polettiano, l’amministrazione comunale ha approvato un disegno che sacrifica le splendide architetture superstiti del Poletti per adattarle al progetto ignoto di Natalini e indigeni. Le magnifiche scale del teatro polettiano verranno tamponate negli intercolunni per collocarvi gli ascensori ed i cessi al servizio della nuova ignota struttura.

Cittadini riminesi che amate i beni culturali di Rimini o che solo avete un po’ di buon senso aiutateci a fermare questa barbarie.

In settimana daremo vita all’Associazione Rimini Città d’arte per la ricostruzione del teatro di Rimini com’era e dov’era e inizieremo una raccolta di firme per riavere intatta un’opera architettonica di prestigio europeo, l’unica possibilità per riavere un teatro e per salvaguardare i beni culturali della città.

 

Attilio Giovagnoli e Giovanni Rimondini

Per l’Associazione Rimini Città d’arte

 

[Corriere di Rimini, sabato 13 settembre 1997]

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Ariminum, Giuseppe Chicchi: Basta con le polemiche! Nel 2000 avremo il Teatro [1.3.1997]

BASTA CON LE POLEMICHE!

NELL’ANNO 2000 AVREMO IL TEATRO

PARLA GIUSEPPE CHICCHI

 

Posso aprire questo breve intervento informando i lettori che nell’estate che sta avvicina dosi cominceremo i lavori di ricostruzione del Teatro Galli. Il primo lotto riguarderà il restauro della Sala Ressi e il consolidamento statico della parte storica dell’edificio del Poletti, per un importo di 5.340 milioni (1.750 dello Stato; 900 dalla Regione; 2.690 dal Comune). Direi che questa è la notizia, poiché dopo cinquant’anni dal bombardamento che ha semidistrutto il nostro splendido Teatro, finalmente si determina un fatto nuovo, un’inversione di tendenza.

Il secondo lotto di lavori partirà nella seconda metà del ’98; la conclusione è prevista per la fine dell’anno 2000.

La concretezza di questo percorso si basa su dati di fatto: la solidità del bilancio comunale determina una buona capacità di investimento che, se sostenuta dalla capacità progettuale, garantisce il raggiungimento del principale obiettivo della mia amministrazione, la realizzazione di quelle grandi infrastrutture (fra cui il Teatro Galli) che garantiranno il futuro della nostra città. Questo è l’impegno preso con gli elettori intendo mantenerlo.

In questo momento il gruppo Natalini sta lavorando al progetto definitivo del Galli e lo sta facendo sulla base del Ministero dei beni Culturali che comportano modifiche al progetto originale al fine di non interferire con i vincoli esistenti. Quindi, per favore basta con le polemiche. La soluzione progettuale in fase di elaborazione progettuale rappresenta un punto di equilibrio di fronte al quale chi vuole davvero il teatro deve rimboccarsi le maniche e, possibilmente, dare una mano.

Castelsismondo a sua volta sarà riportato al suo splendore entro il 2000 grazie all’intervento della fondazione CARIM che ne prenderà la gestione per trent’anni facendone un qualificatissimo contenitore per grandi mostre d’arte e convegni.

Entro il 1997 partirà anche il restauro delle mura sul lato meridionale e il recupero delle mura nell’area ex-Fiat nei pressi del ponte di Tiberio, grazie ad una permuta con i privati. Successivamente sarà scavato e restaurato il fossato per ridare slancio prospettico al grande complesso malatestiano. La scelta di ricostruire un teatro moderno e di non riproporre il progetto polettiano fu compiuta dal Comune di Rimini con il concorso di idee del 1985 e, aggiungo, fu una buona scelta. Il teatro polettiano che conteneva fra i 900 e i 1000 spettatori, con gli obblighi di sicurezza attuali non arriverebbe a 750 posti; sarebbe poco più grande del Novelli, avrebbe un apparato scenico inadeguato alle esigenze teatrali (in particolare operistiche) di oggi e un forte problema di gestione economica.

Va detto che da un punto di vista culturale la scelta del “com’era” sarebbe stata valida per la Fenice poiché l’incendio recentissimo ha lasciato immagini e sentimenti nella memoria dei vivi. Nel caso del galli, a 50 anni dalla distruzione, si sarebbe trattato semplicemente della costruzione di un falso, una cosa disneyana con forti rischi di pacchianeria.

Altri Paesi d’Europa ci hanno insegnato il gusto del moderno ed anche quello della contaminazione fra moderno ed antico. Dobbiamo essere consapevoli che in Italia la dimensione del patrimonio monumentale che il passato ci ha donato, vincola di più il presente, lo rende necessariamente più responsabile e più “conservatore”; ma attenti a non demonizzare il moderno, sarebbe, come se considerassimo il nostro tempo ormai incapace di creazione artistica. Sappiamo tutti che non è vero.

 

[Il Sindaco Giuseppe Chicchi, Ariminum, 1 marzo 1997]

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Ariminum, Giovanni Rimondini: Prima Castelsismondo, poi "il Poletti" com'era [1.3.1997]

PRIMA CASTEL SISMONDO POI IL “POLETTI” COM’ERA

Perché declassare uno dei quattro maggiori monumenti cittadini?

Di Giovanni Rimondini

Il brutto pasticcio della ricostruzione del Teatro Galli ha inizio con il bando di concorso del 1985. Gli amministratori del tempo rovesciano in modo insensato l’ordine dei valori culturali, prescrivendo in appendice al compimento del principale obiettivo, la ricostruzione del Teatro, uno studio di sistemazione di piazza Malatesta e di Castel Sismondo, la più importante delle fortificazioni malatestiane che coprono un’area geografica interregionale, tra Bertinoro, Borgo S. Sepolcro e Ancona.

La “sua” piazza, piazza Malatesta, è vittima di un pregiudizio diffuso che disprezza il suo spazio irregolare e la considera informe e priva di valore urbanistico. Questo pregiudizio è nato con i piani regolatori degli anni ’30, redatti da operatori che attribuivano valore solo agli spazi urbani regolari e geometrici. L’unico criterio di comprensione di questi urbanisti consisteva nel prevedere allargamenti e rettifili, nel correggere quindi gli andamenti leggermente curvilinei delle vie riminesi.

Leon Battista Alberti, invece, si era espresso in favore di queste tipologie ad ansa di fiume, valorizzando gli spazi irregolari. Ai grandi prospettici del Rinascimento non va attribuito il delirio geometrico degli architetti “giacobini” e dei loro epigoni fascisti e razionalisti. Piazza Malatesta è l’unico spazio urbano dipinto dal vero da Piero della Francesca nell’affresco del Tempio Malatestiano. Il grande pittore rivela la “logica” della piazza: inquadrare la veduta del Castello. La forma originale di piazza Malatesta, ad imbuto, richiama il ventaglio di raggi visivi di un cannocchiale prospettico.

Nel corso dei secoli l’area della piazza è stata diminuita e parzialmente trasformata. Nel secondo decennio dell’800, con il riempimento del fossato del castello, modellato come grande anfiteatro di mattoni, e il seppellimento della prima cinta di mura e torri, la piazza perde le altimetrie quattrocentesche. La prima cinta con lo “spalto” – caratteristica ossidionale tipica dei castelli di Sigismondo Pandolfo Malatesta – formava la “prima rocca”.

Cesare Clementini ricorda che Castel Sismondo era compartimentato in tre rocche. La “seconda rocca” è la parte del Castello che vediamo: ma le sue torri sono state capitozzate dal Valentino e nel ‘600. Una torre è andata distrutta: bisognerebbe ricostruirla. La “terza rocca” era l’alto Mastio, distrutto in epoca imprecisabile.

Nel progetto di ricostruzione del teatro di Adolfo Natalini e soci indigeni, vincitore del concorso, adottato con d.c. nel 1987, si sistemava Castel Sismondo dentro un fossato circolare, scavato nell’area della prima rocca, con imperdonabile disprezzo della storia e dell’integrità del monumento, alla cui ideazione aveva contribuito il sommo Brunelleschi. Il nuovo Teatro, lunghissimo, “strizzato”, con le due ali dell’arena arrivata fin quasi all’ingresso del Castello. Il resto della piazza, trasformato in due rettilinei, veniva destinato alla lottizzazione. Per fortuna esisteva un decreto ministeriale del 1915 che fissava l’area di rispetto del Castello – decreto da me rinvenuto durante lavori di sistemazione dell’archivio della Sovrintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Ravenna - .

Il primo progetto Natalini venne respinto dalle Soprintendenza proprio perché violava l’area di rispetto del Castello. Gli stessi architetti ebbero l’incarico per un secondo progetto di rifacimento del Teatro, nel 1994. Ripetendo l’errore che aveva invalidato il primo disegno, questi “impuniti” di nuovo progettavano di invadere l’area “proibita” del Castello, coprendone il fossato (una volta riaperto, come prevede il piano regolatore di benevolo), con una piattaforma lignea sorretta da pilastri in cemento. Fatta propria l’idea invasiva, “futurista” di far costruire il Teatro sopra Castel Sismondo, il sindaco Giuseppe Chicchi, con l’appoggio della minoranza consiliare e le simpatie della redazione cittadina del Carlino, avvicinava notabili romani e ministri dei Beni Culturali per far “saltare” il decreto di protezione del Castello – al quale nel frattempo se ne erano aggiunti altri due; uno della Soprintendenza archeologica; l’altro della Soprintendenza di Ravenna per proteggere ciò che resta del teatro ottocentesco -.

In sostanza, il sindaco si dava da fare per declassare uno dei quattro monumenti cittadini. Si dice, al momento in cui scrivo, che ci sarebbero delle novità circa un terzo progetto di ricostruzione del Teatro.

Personalmente, ritengo che la “naturale” ricostruzione del Teatro Galli sia il ripristino del “pozzo”, cioè della sala originale, e del palco, seguendo i disegni di Luigi Poletti conservati a Modena. La nuova Scuola romana di restauro architettonico di Paolo Marconi sostiene, con una bella immagine musicale, che i disegni di un’opera architettonica sono come uno spartito musicale: possono essere “eseguiti” più volte. L’architettura di un teatro d’opera italiano, del resto, è come la struttura di un violino, va riprodotta come vuole la tradizione e non reinventata secondo i capricci degli architetti.

Così è stato fatto per la Scala, e così si farà per la Fenice.

Giovanni Rimondini

[Giovanni Rimondini, Prima Castel Sismondo poi il “Poletti” com’era, Ariminum, (Rimini) III- aprile 1997].

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