Il ripristino filologico Garzillo-Cervellati (2004)

Il 22 gennaio del 2000 Rimini città d’arte organizza una manifestazione popolare di piazza, dove oltre mille cittadini abbracciano idealmente il Teatro Galli: è la dimostrazione che la cittadinanza vuole il teatro com’era e rifiuta il piano modernista di Natalini. Rimini città d’arte presenta esposti alla magistratura. Nel luglio del 2001 si ha la svolta della vicenda con l’intervento di Vittorio Sgarbi, allora sottosegretario per i Beni Culturali, che in visita ufficiale a Rimini, affida al Sovrintendente Regionale Elio Garzillo l’incarico di occuparsi del progetto di recupero del teatro polettiano “com’era, dov’era”.

Il teatro, capolavoro di Luigi Poletti, come indicato da Federico Zeri fin dal 1985, deve essere restaurato sulla base dei disegni del suo autore, conservati in oltre cento tavole autografe presso la Biblioteca Poletti di Modena.

In questo spirito è predisposto il piano di ripristino filologico - tipologico (2004), studiato accuratamente, nella sede istituzionale della tutela, dalla Soprintendenza Regionale dell'Emilia Romagna. Il progetto (finanziato dallo Stato con 374 mila euro) è realizzato dalla Soprintendenza Regionale che si avvale della consulenza del prof. Pier Luigi Cervellati, esperto in restauro di teatri storici. Il piano di ripristino è presentato al Comune e al sindaco di Rimini, Ravaioli, nel febbraio del 2005 ed è consegnato gratuitamente all'Amministrazione municipale.  Il costo per ripristinare il teatro è stimato in 18,1 milioni di euro. Invece di puntare decisamente al ripristino del teatro, Ravaioli tergiversa e perde altri quattro anni. Il sindaco-primario affida a un "gruppo di progettazione" del Comune un ulteriore progetto.

Nel 2009 i tecnici comunali presentano il loro piano, più costoso (29,7 milioni di euro). I tecnici inseriscono brutalmente pilastri attorno alla platea (sembrava uno scherzo) stravolgono la sala neoclassica per ricavare 50 posti in più, alzano una torre scenica sul palcoscenico e prevedono ambienti nel sottosuolo a 8 metri di profondità in area archeologica con reperti romani.

Nel dicembre 2009 denunciamo ai giornali il misfatto, le Soprintendenze bocciano lo stravolgimento della sala e l'elevazione della torre scenica (2010).

 

 “Il RESTAURO DEL TEATRO PROGETTATO DA POLETTI E’ IL SEGNO DELLA NOSTRA MODERNITA’ ”

Di Pier Luigi Cervellati

L’intervento di restauro del teatro di Rimini costruito su progetto di Luigi Poletti pone una questione architettonica e ‘filosofica’ per così dire classica: procedere con un ripristino filologico oppure con una ricostruzione libera dai vincoli progettuali originari? La scelta del Ministero per i Beni Culturali, che nel 2004 ha commissionato la redazione del progetto esecutivo, si è chiaramente orientata verso la prima soluzione. Per motivi a mio avviso giusti e condivisi. E’ prassi a ogni latitudine che il ripristino sia criticato dagli architetti che si reputano “moderni” (“o post moderni”) perché – questa l’accusa – produce “falso storico”. Si afferma: “Ogni epoca ha lasciato la sua impronta, anche la nostra ha il diritto e il dovere di manifestarsi”. Ciò è comprensibile e senz’altro condivisibile. Da almeno 50 anni si cerca di far capire che il restauro (o restituzione, o ripristino) della città storica e delle sue componenti, è il nostro segno. E’ la sola impronta che possa esprimere la nostra modernità. Ci sono leggi nazionali e leggi regionali che impongono la tutela, il restauro e la manutenzione dell’architettura storica.

Al di là delle leggi, il teatro di Luigi Poletti è un capolavoro dell’architettura teatrale dell’800 e dunque per questo non sostituibile. L’architettura moderna, o post moderna, dovrebbe manifestarsi in periferia per caratterizzare la città contemporanea. Purtroppo, nelle periferie italiane, l’architettura moderna ha lasciato poche tracce. Nella città storica ha spesso compiuto disastri. Non solo. Se ogni epoca ha il diritto e dovere di manifestare la propria cultura, perché distruggere (con una pseudo tipologia ottocentesca) il teatro d’opera polettiano che corrisponde perfettamente alla cultura del suo tempo ed è funzionale al nostro? La cultura moderna ha elaborato altri modelli tipologici più consoni alla attuale dimensione urbana. Rimini sta discutendo la necessità di costruire un auditorium. Ed è nell’auditorium che si potrà e dovrà manifestare eventualmente l’architettura moderna. Rimini però continuerà ad avere bisogno di un teatro all’italiana per rappresentare non solo la lirica o la commedia, ma addirittura se stessa. La sua storia, le sue radici, la propria identità culturale.

Il Tempio Malatestiano è stato ricostruito com’era e dov’era. Riuscite a immaginarlo cosa sarebbe oggi se lo avessero ricostruito secondo i canoni dell’architettura moderna? Chi ignaro della distruzione bellica lo visita, è consapevole di essere di fronte ad un capolavoro del Rinascimento. Il Tempio Malatestiano è famoso nella storia dell’architettura anche per l’intervento di restauro. La Fenice di Venezia è stata ricostruita quasi uguale a prima. Fra qualche anno nessuno ricorderà l’ultimo incendio.

Del resto non si capisce perché si dovrebbe restaurare la parte ancora esistente (per altro vincolata) del Teatro di Rimini e fare una nuova e “moderna” architettura per quel 40-45% circa che manca. Le fondazioni ci sono, come gran parte delle murature esterne (anch’esse vincolate). Il bombardamento ha distrutto solo una zona della copertura e del palcoscenico. Elio Garzillo, che ha progettato il ripristino per conto del Ministero per i Beni Culturali, ha spiegato che non c’è altra soluzione al di fuori del ripristino filologico. Esistono progetti e varianti a firma Poletti.

Esiste una sterminata documentazione grafica e fotografica, nonché rilievi e studi: per la prima elettrificazione, per la messa in sicurezza negli anni ’20 del Novecento, per il rinnovo della tappezzeria e di parte dell’arredo. La soluzione progettuale è tesa a restituire un monumento che esiste. Non solo nella memoria diretta o indiretta di molti riminesi. Esiste nei fatti. Non sarà un falso storico – nonostante talvolta siano meglio dei falsi moderni – bensì la restituzione autentica di un’opera d’arte.

Il metodo del ripristino filologico è semplice quanto trasparente. E costa meno del nuovo. Semplice nel riprodurre disegno, forme e strutture progettate dal Poletti o successivamente, fino al bombardamento. Trasparente nell’indicare le innovazioni e gli aggiustamenti che si sarebbero dovuti fare anche se il teatro non fosse stato danneggiato. L’impianto di condizionamento, ad esempio, nascosto sotto il tavolato della platea, renderà gradevole anche nella calura estiva assistere ad un’ opera lirica in un luogo teatrale che non ha equivalenti al mondo.

Pier Luigi Cervellati (architetto coordinatore del progetto del ripristino filologico).

[L’Arengo (Rimini), maggio 2007, pag.4)].

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Ultima modifica: Martedì, 23 Settembre 2014 21:09
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